mercoledì 14 gennaio 2009

italianità

Prendo spunto dall'ultima misura proposta dalla Lega Nord per fare una riflessione un po' più ampia (e, si spera, più alta).

Il partito dei ministri Bossi e Maroni ha recentemente proposto di far pagare agli immigrati un contributo per il rinnovo del permesso di soggiorno. L'importo è ancora da decidere (si va dai 10 ai 400 euro e mi sembra che ci sia una certa differenza) ma le critiche sono già piovute da tutte le parti e non è il caso di aggiungervi la mia. Rilevo solo che questa misura, rendendo più difficile la vita agli immigrati regolari, potrebbe portare a un aumento dell'immigrazione clandestina il cui contrasto è già arduo, anche alla luce dei tagli alle risorse delle forze dell'ordine incaricate di pattugliare le coste.

Prendo spunto da questa proposta per osservare che mi sembra serpeggi in Italia (ma non solo, anche qui in Belgio) una forte paura di confronto, anzi di contatto, con persone diverse per cultura, religione, usanze. Sono tanti a temere o comunque a opporsi a un modello di società "multietnica", proponendo di chiudersi a riccio in difesa delle proprie usanze e della propria cultura (il Cristianesimo, in quest'ottica, non è altro che un "pezzo" della cultura - o, peggio, delle proprie usanze - e la fondamentale dimensione della fede personale viene messa da parte. Ma questo è un altro discorso) per evitare il più possibile che altri le possano contaminare. E che esse (usanze, tradizioni) possano dissolversi, annacquarsi, sparire.

Eppure quest'esperienza dell'Erasmus, in cui sono a confronto e contatto quotidiano con persone diverse da me (anche extracomunitarie), mi sta mostrando il contrario.

Non mi sono mai sentito tanto italiano - e, dirò di più, tanto milanese - come in questi mesi.
Sono gli altri i primi a farmelo notare: "Si vede che sei italiano: gesticoli, mangi sempre pasta e pomodori e fai er piacione". Ed è vero (salvo per il fatto che faccio er piacione), ho queste caratteristiche e sono caratteristiche nazionali (ovviamente non le sole) che sono contento di avere. Solo che non me ne ero mai accorto, prima di trovarmi accanto a persone che non le avevano.
Stessa cosa con gli altri ragazzi italiani: "Si vede che sei milanese, hai l'accento, sei puntuale e ti infastidisce il ritardo, mangi in fretta e quando parli di Milano lo fai con una certa grandeur (Milano è la città più grande, più ricca, più europea, etc etc)". E anche questo è vero.

Le differenze esistono, anzi è proprio questo il bello. Il bello e il difficile, perché il problema sta nel convivere pur essendo diversi. E' uno sforzo, ma ne vale la pena. Alla fine ci si sente un italiano (milanese) un po' più ricco di prima.

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grand place, bruxelles

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